The
professor
Charlotte
Brontë
Penguin
Classics [trovato al Libraccio a € 1.78!!]
“Jane
Eyre” di Charlotte Brontë è stato, insieme a “Storia di Ada” di Carlo Cassola,
il romanzo che ha segnato le mie prime appassionanti letture “da grande” (13
anni...). Ora avevo voglia di leggere qualcos’altro della Brontë e nella mia
mastodontica TBRL c’era lui, “The professor”, acquistato nel 2001 (mamma
miaaaaa).
E’
la storia di William Crismworth che dall’Inghilterrra, per sfuggire a degli zii
che gli prospettano in eredità una vita già preimpostata e tediosissima, e per
sfuggire poi dopo una breve parentesi dall’azienda del fratello in cui è
costretto a mansione di impiegato-traduttore-francese-tedesco, finisce a
Bruxelles a fare... l’insegnante madrelingua di inglese (!!) mah così, perché
non sapeva cosa fare.
Come
insegnante è un fenomeno e trova subito un secondo impiego in una scuola
femminile, in contemporanea col primo in un istituto maschile.
Da
qui parte il racconto vero e proprio, che vedrà Crismworth innamorarsi e... interrompo
il quadro generale dell’opera, altrimenti svelerei troppi dettagli.
Il
romanzo si fa leggere davvero bene, non mi aspettavo che in lingua originale la
Brontë fosse così facile leggerla! Purtroppo la storia e il protagonista non
sono il massimo, e ho notato un continuo insistere sulle differenze fisiche e
intellettuali tra gli inglesi e gli abitanti del “continente” (Francia, Belgio,
ecc...), a discapito ovviamente di questi ultimi che risultano un poco ottusi,
assai cessi e pure rozzi. Si sa che il patriottismo inglese spadroneggia sempre
sopra ogni cosa...!
Quindi
William Crismworth è simpaticissimo, sì sì come no, e l’ho trovato odioso anche
per la libertà che egli ha, come uomo, nella società rispetto alle donne
che incontra. In quanto a “libertà” mi
riferisco a quella di prevaricazione sull’essere femminilie: egli si sente già
superiore a priori per via delle differenze culturali con gli abitanti belgi,
ma vede poi la donna come oggetto su cui sfogare il suo maschilismo.
Già
un protagonista così antipatico fa calare di molto il mio giudizio, se aggiungo
poi la prevedibilità di un happy-end, allora il romanzo è quasi da bocciare.
Resta
comunque una lettura facile e veloce, aiutata anche dalle numerose note in
fondo al volume (soprattutto a spiegazione dei tanti riferimenti biblici usati
nel corso della narrazione).
Non
mi resta che riprendere “Jane Eyre” in mano per la quarta volta, sono passati
ormai dieci anni e una nuova rilettura forse mi aiuterà a capire che il
successo di un volume probabilmente dipende esclusivamente dal punto di vista,
quello femminile – essendo Charlotte Brontë donna e non uomo – forse si addice
di più!
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