giovedì 3 luglio 2014

The professor

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The professor
Charlotte Brontë
Penguin Classics [trovato al Libraccio a € 1.78!!]
 
“Jane Eyre” di Charlotte Brontë è stato, insieme a “Storia di Ada” di Carlo Cassola, il romanzo che ha segnato le mie prime appassionanti letture “da grande” (13 anni...). Ora avevo voglia di leggere qualcos’altro della Brontë e nella mia mastodontica TBRL c’era lui, “The professor”, acquistato nel 2001 (mamma miaaaaa).
E’ la storia di William Crismworth che dall’Inghilterrra, per sfuggire a degli zii che gli prospettano in eredità una vita già preimpostata e tediosissima, e per sfuggire poi dopo una breve parentesi dall’azienda del fratello in cui è costretto a mansione di impiegato-traduttore-francese-tedesco, finisce a Bruxelles a fare... l’insegnante madrelingua di inglese (!!) mah così, perché non sapeva cosa fare.
Come insegnante è un fenomeno e trova subito un secondo impiego in una scuola femminile, in contemporanea col primo in un istituto maschile.
Da qui parte il racconto vero e proprio, che vedrà Crismworth innamorarsi e... interrompo il quadro generale dell’opera, altrimenti svelerei troppi dettagli.
Il romanzo si fa leggere davvero bene, non mi aspettavo che in lingua originale la Brontë fosse così facile leggerla! Purtroppo la storia e il protagonista non sono il massimo, e ho notato un continuo insistere sulle differenze fisiche e intellettuali tra gli inglesi e gli abitanti del “continente” (Francia, Belgio, ecc...), a discapito ovviamente di questi ultimi che risultano un poco ottusi, assai cessi e pure rozzi. Si sa che il patriottismo inglese spadroneggia sempre sopra ogni cosa...!
Quindi William Crismworth è simpaticissimo, sì sì come no, e l’ho trovato odioso anche per la libertà che egli ha, come uomo, nella società rispetto alle donne che  incontra. In quanto a “libertà” mi riferisco a quella di prevaricazione sull’essere femminilie: egli si sente già superiore a priori per via delle differenze culturali con gli abitanti belgi, ma vede poi la donna come oggetto su cui sfogare il suo maschilismo.
Già un protagonista così antipatico fa calare di molto il mio giudizio, se aggiungo poi la prevedibilità di un happy-end, allora il romanzo è quasi da bocciare.
Resta comunque una lettura facile e veloce, aiutata anche dalle numerose note in fondo al volume (soprattutto a spiegazione dei tanti riferimenti biblici usati nel corso della narrazione).
Non mi resta che riprendere “Jane Eyre” in mano per la quarta volta, sono passati ormai dieci anni e una nuova rilettura forse mi aiuterà a capire che il successo di un volume probabilmente dipende esclusivamente dal punto di vista, quello femminile – essendo Charlotte Brontë donna e non uomo – forse si addice di più!

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